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L‘ARTE DI ASSICURARE L’ARTE MA IN MODO SOSTENIBILE
03/04/2024

L‘ARTE DI ASSICURARE L’ARTE MA IN MODO SOSTENIBILE



di Avv. Cristina Biglia, socio di Pavesio e Associati with Negri-Clementi


Il settore dell’arte è stato di recente coinvolto e travolto dal problema del climate changing.
In realtà, il percorso verso una transizione sostenibile inizia nel 2015 con la promulgazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile da parte dell’Assemblea delle Nazioni Unite, cui ha fatto seguito nel medesimo anno la Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite tenuta a Parigi, nell’ambito della quale è stato raggiunto lo storico accordo sulla limitazione della temperatura media globale in superficie entro i 2°C rispetto ai livelli pre-industriali. Nascono in questo ambito i fattori ESG che sono diventati sempre più importanti.
Come è intuibile, per il mondo dell’arte la sostenibilità è collegata strettamente al cambiamento climatico. Incendi selvaggi, inondazioni, ondate di calore sono alcune delle sfide collegate al clima che hanno impatto sul settore e hanno una crescente pericolosità considerato che gli eventi climatici diventano più frequenti e severi. In particolare, nel mercato americano dell’arte stiamo assistendo a una politica commerciale degli assicuratori che va nel senso di rivedere i termini di copertura in risposta all’aumento dei rischi causati dai disastri naturali, che di recente hanno colpito ad esempio la California e la Florida. Stanno, infatti, tramontando i giorni in cui i collezionisti d’arte americani potevano acquistare semplicemente polizze assicurative all risks, per vedersi coperti anche nel caso di calamità imprevedibile, il c.d. Act of God.
Dal 2022 il rischio climatico è stato mappato nel documento The Art Market Reports che anche nella versione relativa al 2023 evidenzia come la sostenibilità, l’impronta del carbonio nel mercato del Fine Art e le attività collegate siano tra le priorità per il settore. L’impronta di carbonio è la misura della quantità di emissioni di gas serra rilasciate nell’atmosfera dalle attività di una persona, un’azienda, una città, uno Stato. In sostanza, è la misura di quanto contribuiamo al riscaldamento globale. O, per volgerla in positivo, di quanto contribuiamo a rallentarlo, se la nostra impronta di carbonio è piccola.
Ma quanto contribuisce il mondo dell’arte alle emissioni globali di carbonio? Secondo uno studio effettuato da una organizzazione non profit inglese, Julie’s Bycicle, le emissioni del mondo dell’arte ammontano a circa 70 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, l’equivalente della produzione annuale di elettricità da 159.000 ettari di pannelli solari. L’obiettivo è arrivare al net zero, e quindi ridurre le emissioni di tutti i gas a effetto serra come l’anidride carbonica, il metano, il biossido di sodio, bilanciando il resto attraverso i crediti di carbonio. Si tratta di un obiettivo ambizioso. Il settore delle arti visive avrà bisogno di ridurre le emissioni almeno alla metà nel 2030, in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi del 2015.






Quali sono le azioni che il settore dell’arte può intraprendere per raggiungere l’obiettivo del net zero?
Sono state individuate quattro azioni fondamentali: 1) la riduzione delle emissioni per i viaggi; 2) il trasporto delle opere d’arte con metodi alternativi; 3) il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici; e 4) l’impostazione di metodi di approvvigionamento più verdi.
Vorrei portare un esempio concreto con riferimento all’impatto che sta avendo la sostenibilità sulla costruzione e sui costi delle polizze assicurative nel mondo dell’arte. Il trasporto via mare, nonostante i suoi vantaggi ambientali (si pensi che è stato calcolato che il trasporto di mezza tonnellata di opere d’arte da Londra a NY equivale a circa 55 kg di CO2 via mare, contro circa 3.000 kg di CO2 via aerea, con un risparmio quindi di emissioni di carbonio superiore al 95%) è un mezzo storicamente impopolare per trasportare l’arte. Sebbene sia necessario per lavori grandi o pesanti, il trasporto marittimo è più lento di quello aereo e può essere soggetto a ritardi a causa di rischi meteorologici o congestione dei porti. Le merci imballate in modo improprio, invece, potrebbero subire danni durante il trasporto. Questi ostacoli sono stati percepiti dal mercato assicurativo, che storicamente ha considerato ad alto rischio la spedizione di opere d’arte via mare. Di conseguenza, il trasporto marittimo ha comportato costi assicurativi più elevati, dissuadendo ulteriormente il settore dell’accettarlo come valido mezzo di trasporto. Tuttavia, queste percezioni hanno iniziato a cambiare negli ultimi anni. Gli assicuratori si sono ricreduti rispetto ai rischi del trasporto marittimo, confortati dai miglioramenti nella tecnologia di imballaggio. Allo stesso tempo, i progressi dei dispositivi di localizzazione hanno fornito una visione più approfondita degli ambienti che le opere d’arte potrebbero trovarsi a vivere quando sono in mare, compresi i livelli di temperatura e umidità delle strutture di stoccaggio.
Ancora. È a tutti noto che il mercato dell’arte con token non fungibili (NFT) ha avuto uno sviluppo esponenziale, rivoluzionando il rapporto tra artisti, collezionisti e investitori. Questo nuovo ambito però desta preoccupazioni rispetto all’impatto ambientale dell’elevato consumo energetico della tecnologia blockchain. A causa della sua base tecnologica blockchain, le transazioni artistiche NFT continueranno a generare significative emissioni di carbonio, contribuendo al cambiamento climatico e al degrado ambientale.
Cosa stanno facendo i grandi players di questo mercato per ridurre le emissioni di gas serra? Ethereum, ad esempio, dal 15 settembre 2022 sta utilizzando un sistema di blockchain proof-of-stake (PoS), che ha eliminato la necessità di mining ad alta intensità energetica[1]. Ma i problemi da affrontare sono ancora molti. Si pensi che è stata confrontata l’emissione di carbonio di una singola transazione Ethereum e quella di una singola transazione digitale Mastercard: il rapporto di consumo è di 40 a 1 kWh. Centrare gli obiettivi ESG, come il net zero è quindi un processo vitale per l’industria dell’arte che può così contribuire positivamente agli sforzi per ridurre le emissioni. Creando un quadro di riferimento a favore della sostenibilità, l’arte può diventare il portavoce di una sensibilità verso un mondo più sicuro e pulito.



[1] La creazione di un NFT, conosciuta come mining, richiede potenza di calcolo per risolvere problemi matematici complessi, che assorbono una notevole quantità di energia. PoW è come una gara di risoluzione dei problemi in cui il vincitore riceve un blocco come ricompensa. Maggiore è il numero di tentativi di risoluzione del problema, maggiore è la probabilità di successo. Dopo ogni blocco appena creato, la procedura viene ripetuta all’infinito.





Cristina Biglia è socio di Pavesio e Associati with Negri-Clementi. La sua specializzazione è in ambito civile, contenzioso e non, in particolare nei settori del diritto bancario e dell’intermediazione finanziaria, del diritto fallimentare e societario. Ha maturato una significativa esperienza che comprende un ampio spettro di sofisticate operazioni corporate, assistendo grandi gruppi industriali e altre società in diversi settori, nazionali e internazionali. Partecipa regolarmente come relatrice a convegni, seminari, workshop e webinar ed è autrice di pubblicazioni e articoli in materia. Ha conseguito l’abilitazione all’iscrizione all’Albo dei Gestori della Crisi da Sovra Indebitamento. Avvocato del Foro di Milano e iscritta all’Albo dei Patrocinanti in Cassazione.

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