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NITSCH - DALL'AZIONISMO ALLA PITTURA
24/02/2022

NITSCH - DALL'AZIONISMO ALLA PITTURA

Milano, febbraio 2022. La Galleria Gaburro è lieta di annunciare l’opening della mostra personale di Hermann Nitsch a cura di Lóránd Hegyi in programma dal 24 febbraio al 30 aprile 2022, la prima nel nord Italia da oltre 22 anni.

Con la sua opera sconfinata, Hermann Nitsch propone una visione complessa della vita, dell’orientamento spirituale, nonché del significato dell’arte e delle potenzialità liberatorie e catartiche dell’esperienza artistica.

Nella sua attività artistica eterogenea, concretizzatasi nella pittura, nel disegno, nelle installazioni, nella musica, nelle performance, nel teatro, nella scrittura e nella poesia, Nitsch rivendica l’inalienabilità e l’indissolubilità della partecipazione alle attività artistiche collettive (ossia l’intensa partecipazione dentro l’atto artistico), dal processo percettivo nella sua totalità.

Una percezione drammatica, iperintensiva e complessa, in cui il forte impatto sensoriale è strettamente legato all’attivazione e all’attualizzazione dei piani semantici intellettuali e ai concetti collettivi, mitici e archetipici.

Artista e spettatore si compenetrano nell’ebbrezza in un’esperienza ipertensiva, nella sensazione toccante e sovente scioccante legata all’esperienza di realtà proprie, articolate sul piano visivo, acustico e tattile.

A dispetto del ruolo preminente svolto dall’inconscio, ossia dalla realtà psichica interiore, nel pensiero e nel lavoro dell’artista, Nitsch sostiene che la percezione debba attuarsi, sempre e comunque, nel fitto contesto culturale e collettivo.

L’artista si è sempre confrontato profondamente con le tradizioni culturali specifiche del proprio Paese come: la cultura popolare, rurale, volgare e religiosa ma anche con la psicoanalisi e col pensiero freudiano. L’evidenza dell’elemento archetipico e collettivo, nella nascita e nello sviluppo del complesso valore simbolico, suggerisce che la percezione estetica si svolga nel campo comune e collettivo.

L’opera sconfinata di Hermann Nitsch è interpretabile solo alla luce della concezione dell’artista in merito alle “condizioni archetipiche collettive della spiritualità” e può essere compresa unicamente nella sfera del pensiero inconscio. È fondamentale per l’artista che la strategia artistica, volta all’intensificazione radicale dei meccanismi sensoriali, persegua la sensibilizzazione e l’esperienza della totalità della vita.

L’intero processo di percezione estetica è inscindibile dal piano archetipico e collettivo che trova il suo compimento negli atti metaforici, cultuali e rituali ovvero nelle formazioni estetiche.

Nella mostra di Hermann Nitsch sono esposte opere risalenti alla prima fase artistica, in cui le creazioni erano indissolubilmente legate alla programmazione del Teatro delle Orge e dei Misteri. Inoltre, l’esposizione ospita anche lavori dell’ultimo periodo dedicato all’influenza del colore sulla psiche.

L’ampia scelta di opere pittoriche mostra diversi punti in comune con l’opera artistica complessiva. Sono presenti quadri legati alle azioni pittoriche, in cui Nitsch ha sviluppato un action painting peculiare segnata da atti rituali, accompagnati anche da oggetti dalla forte connotazione culturale e rituale, in modo da collegare i significati simbolici direttamente con le energie e le emozioni, veicolate attraverso elementi gestuali.

L’esperienza estatica della totalità dell’essere attraverso l’intensità delle sensazioni elementari è un atto collettivo, in cui l’immedesimazione gioiosa e liberatoria della vita in tutte le sue forme si accompagna all’estrinsecazione dei concetti collettivi e archetipici. Nitsch rivendica il carattere collettivo e culturale di tale esperienza, in grado di determinare il contenuto sostanziale di ogni grande narrazione mistica sulla creazione del mondo, sul contrasto alla paura della morte, sulla vita eterna, sulla resurrezione o sull’eterno ritorno.

Nell’opera di Nitsch, l’elemento archetipico e collettivo riveste un significato centrale. La pratica artistica tenta con ogni mezzo (attraverso la radicalizzazione della sensualità e l’intensificazione dell’immediatezza di ogni effetto fisico, sensoriale-materiale), di attivare l’inconscio collettivo per portare alla luce una serie di realità antropologiche fondamentali e metterle in relazione con il contenuto simbolico collettivo.

I gesti più elementari della specifica pittura informale e le azioni, inserite nel tempo reale del Teatro delle Orge e dei Misteri, rivelano la propria origine nell’inconscio. Al contempo occorre ribadire con chiarezza che l’inconscio, nella concezione estetica complessiva di Hermann Nitsch, è sempre contestualizzato nella totalità delle azioni collettive. Le azioni collettive, le pratiche cultuali e rituali ma anche le narrazioni mitiche e religiose rimandano a queste realtà archetipiche essenziali che, nelle varie culture, innervano il quadro generale dell’organizzazione della vita, delle azioni sociali e dei sistemi assiologici rilevanti.

Dal punto di vista storico, è importante che la pittura e la performance di Nitsch non siano tanto riconducibili all’individualismo eroico, al pessimismo dell’action painting e dell’espressionismo astratto (avvalorati dalla filosofia esistenzialistica e influenzati dallo specifico sviluppo nordamericano), quanto a un’osservazione culturale di carattere antropologico, nonché a una filosofia di vita zen-buddista rivisitata in chiave soggettiva e al credo cristiano della resurrezione, in cui la percezione collettiva della totalità della vita conduce a un’autoemancipazione catartica e alla consapevolezza gioiosa delle proprie prospettive di espressione.

Questa gioia liberatrice e lo sviluppo di un Colorismo completamente nuovo, maturo, variegato ed esplosivo - all’insegna di una sensualità euforica e vibrante valorizzata da combinazioni e tonalità cromatiche mai osservate finora in Nitsch - , animano i quadri più recenti, esposti per la prima volta in Italia. Questa nuova fase pittorica si manifesta nella tensione e nelle energie inesauribili dell’artista, di cui possiamo apprezzare l’interiorità poetica ed emotiva, spesso recondita. Questi nuovi lavori costituiscono senza dubbio il cuore della mostra.

GIORGIO E CECILIA GABURRO – GALLERIA GABURRO

Lóránd Hegyi, Cecilia Gaburro e Giorgio Gaburro
Boxart nasce a Verona nel 1995 dalla passione del suo fondatore Giorgio Gaburro, dal 2020 affiancato nella direzione dalla figlia Cecilia, come “project gallery” uno spazio espositivo dove l’interscambio tra artisti, curatori e galleria dà vita a progetti artistici liberi di esprimersi e raccontarsi in un contesto creato “su misura”. Con l’apertura lo scorso maggio del nuovo spazio di via Cerva 25 a Milano, Boxart, cambia nome in Galleria Gaburro, per rappresentare al meglio l’identità che da sempre la contraddistingue. Protagonisti del kick off di questo nuovo progetto sono gli artisti rappresentati dalla galleria: Emilio Isgrò, Hermann Nitsch, Marco Cingolani, Daniel Spoerri e Liu Bolin. Dopo quella di Marco Cingolani, la mostra personale di Herman Nitsch, è la seconda di una serie di mostre dedicate che saranno ospitate presso il nuovo spazio milanese.

HERMANN NITSCH


Hermann Nitsch (Vienna, 1938) ha ideato una nuova forma di teatro (Das Orgien Mysterien Theater) senza l’uso della parola, che coinvolge in maniera im-mediata tutti i cinque sensi, in una rappresentazione catartica della vita nei suoi aspetti estremi: dalla spiritualità apollinea ai più ferini istinti dionisiaci. Per astrazione simbolica, dal teatro sensuale e sinestetico di Nitsch, nascono le sue Azioni di pittura.

LÓRÁND HEGYI


Lóránd Hegyi (1954, Budapest, Ungheria) storico, critico d'arte, scrittore e curatore d'arte ungherese, ha studiato storia, storia dell’arte ed estetica. Durante gli anni Ottanta ha insegnato storia dell’arte del 19°e 20° secolo all'Università ELTE a Budapest, all'Università di Graz in Austria e ha lavorato al Palazzo dell’Esposizione di Budapest. Nel 1982 ha conseguito il titolo di Doctor della Storia dell'Arte all'Università ELTE di Budapest.

Dal 1990 fino al 2001 è stato il direttore del Museo d’Arte Moderna – Fondazione Ludwig di Vienna dove ha sviluppato una delle collezioni più importanti e complesse di Arte Contemporanea dei paesi dell'Europa Orientale e dell'Europa Centrale. Dal 2002 fino al 2006 è stato direttore artistico del PAN (Palazzo Arte Napoli) e nel 2003 è stato nominato direttore generale del Musée d’Art Moderne de Saint-Etienne.

Nel 1993 è stato co-curatore della Biennale di Venezia e curatore della Biennale di Toyama in Giappone, nel 1995 curatore della Triennale di Scultura di Stoccarda in Germania, nel 2003 curatore della Biennale di Valencia e nel 2008 curatore della Biennale di Poznan in Polonia. Contemporaneamente negli anni si è dedicato alla scrittura e alla curatela di mostre sull’arte contemporanea in tutta l’Europa centrale.

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