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Silent singing
05/10/2019

Silent singing

Silent singing

Di Lisyanet Rodriguez

Dal 5 ottobre al 1 dicembre 2019 Isolo17 Gallery ospiterà la prima personale in Italia di Lisyanet Rodriguez, artista cubana che vive e lavora negli Stati Uniti. Silent singing presenta le opere più recenti dell’artista, alcune delle quali create appositamente per la mostra, che comprendono diverse tecniche, tra cui grandi dipinti realizzati con carboncino e acrilico, disegni e una scultura. Il primo impatto che si ha con il lavoro di Lisyanet conferma fin da subito la natura duale e ambigua della sua ricerca artistica.

Il nucleo centrale, a cui ogni opera fa riferimento, è l’idea di bellezza che supera la superficiale barriera del sensibile per andare verso qualcosa che non si riesce a catturare, a capire, e che, inevitabilmente, porta lo spettatore a provare una sensazione di inquietudine. Lo scopo è proprio quello di inserire la creazione all’interno di questo complesso concetto di bellezza che attira lo spettatore con la stessa forza con cui lo respinge, attraverso il conflitto interno dei personaggi rappresentati e della loro relazione con lo spazio.
È necessario un passo indietro, verso l’infanzia dell’artista, per riuscire a comprendere in modo più approfondito il contrasto che si cela dietro le figure così minuziosamente realizzate, gli sfondi desolati e i ricchi vestiti che coprono pesantemente i corpi, qua deformi e là inesistenti. Quando era bambina, Lisyanet ha sofferto di numerose fratture alle ossa a causa della loro fragilità: chi si prese cura di lei fu sua nonna materna, la quale, insegnandole tutto ciò che conosceva, come il lavoro a maglia e il ricamo, contribuì alla costruzione di un mondo che proteggesse quel corpo così fragile, ma che allo stesso tempo si ponesse come terreno fertile per lo sviluppo di una pratica metodica e creativa che farà sempre parte dell’artista.

La fragilità e il prendersi cura sono due temi fondamentali che si ripresentano nelle opere, in cui la creazione gravita attorno a un mondo altro dal nostro, un mondo con una logica interna, in cui creature deformi e silenziose abitano luoghi senza tempo. La repulsione provata dalla visione di questi personaggi enigmatici, le cui parti del corpo a volte si allungano in articolazioni impossibili e a volte si lasciano andare a forze che le portano sempre più lontano da noi, viene placata dalla cura con cui Lisyanet li “veste” e ne esalta la delicatezza.
La più potente ispirazione per l’artista è proprio l’osservazione della vita e della natura: la percezione di vivere in un mondo minacciato la spinge a enfatizzare l’esigenza di una maggiore coscienza che riguarda la nostra vulnerabilità e a trasmettere preoccupazioni esistenziali come la relazione tra la vita psicologica interna e l’esteriorità fisica. Lisyanet riesce a mettere in primo piano la fragilità della condizione umana coprendo i corpi, la bellezza della vita, mostrando gli aspetti più insicuri e addirittura eliminando totalmente la presenza umana.

Il complesso processo di montaggio che fa parte della pratica dell’artista si concentra, quindi, sulla manipolazione delle forme con lo scopo di darne una nuova vita: giocando a più livelli tra apparenza, interiorità e percezione Lisyanet crea individui che sembrano contemporaneamente dolci, fragili, minacciosi ed enigmatici, frutto della ricerca di una bellezza fondata sul contrasto, che comprende anche la paura e la stranezza.
Il ruolo dei vestiti, come si vede in Giraffe’s fable, è quello di proteggere i corpi, quasi un volerli rendere più belli e confortevoli e la meticolosità con cui sono realizzati evidenzia la volontà e la dedizione, quasi ossessiva, del raggiungimento di questo scopo. Nelle opere come Orchid forest, invece, i personaggi vengono privati completamente delle parti umane, diventando dei fantasmi di complessi vestiti che galleggiano nell’aria. In questo caso l’interesse si focalizza nel dare una possibilità di vita anche a oggetti, che nella loro bellezza mostrano l’assenza al loro interno, in modo da rendere ancora più misteriosa l’atmosfera che circonda i protagonisti, a volte immersi in infiniti spazi monocolore, a volte accompagnati da elementi naturali.

Silent singing è un concetto che riesce a dar conto dell’atmosfera che emerge dalle opere in mostra, in riferimento sia al momento di sospensione tra bello e deprimente che ne scaturisce, sia al canto silenzioso che entra nella testa di ogni persona. L’azione del canto, che in questo senso viene negata dal silenzio della mente -eppure noi lo sentiamo-, non è che una sensazione ambigua che rimanda a quella che si prova di fronte alle opere in mostra: un’esperienza in bilico tra attrazione e repulsione, isolamento ed esposizione che ha lo scopo di far riflettere sulla vulnerabilità delle cose e il fascino della vita.

A cura di:

Ilaria Zampieri

e Giovanni Monzon

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