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Metaverso e proprietà intellettuale: quale futuro?
13/04/2022

Metaverso e proprietà intellettuale: quale futuro?




di Avv. Valeria Tommasi, associate di Pavesio e Associati with Negri-Clementi


Metaverso. Sebbene tale concetto non sia nuovo – il termine risale, infatti, al “lontano” 1992, anno in cui fu utilizzato da Neal Stephenson nel libro appartenente alla cultura cyberpunk “Snow Crash” – di metaverso si sente parlare sempre più spesso da quando, nell’ottobre 2021, Mark Zuckerberg CEO della Facebook Company ha annunciato di cambiare la denominazione della propria holding in “Meta” e di avviare un progetto con questo nome.
Come suggerisce l’etimologia del termine – "meta" (dentro) e "verso" (abbreviazione di "universo") – il metaverso indica un universo parallelo da quello reale, dove le persone, tramite i propri avatar, possono stringere relazioni e compiere attività quotidiane quali lavorare, svagarsi, fare sport, shopping e molto altro, in modo estremamente realistico.
Volendo tralasciare in questa sede tutte le possibili implicazioni etiche e sociali che una tale realtà parallela porta con sé, è evidente come il metaverso offra enormi opportunità per i brand, che possono promuovere e commercializzare, anche attraverso esperienze altamente “immersive”, i propri beni e servizi sia nel mondo reale sia in quello virtuale, rivolgendosi indistintamente al consumatore “utente-avatar”.
Com’è facile immaginare, però, oltre ad avere grandi potenzialità, il metaverso nasconde anche molteplici rischi e insidie per i brand, specialmente in materia di protezione dei diritti di proprietà intellettuale.
Se da una parte, infatti, negli ultimi mesi sempre più soggetti – dalla moda, allo sport, alla ristorazione – si sono mossi per registrare i propri marchi nel mondo virtuale, dall’altra sono già molti i brand che hanno lamentato la violazione dei propri diritti di marchio, design e d’autore da parte di prodotti digitali commercializzati online.
Tra i primi e più interessanti contenziosi, vi sono quelli attualmente in corso (entrambi negli Stati Uniti) tra la casa di moda Hermès e l’artista Mason Rothschild e tra il colosso dell’abbigliamento sportivo Nike e il marketplace online “StockX”.
Nel primo caso Hermès ha agito nei confronti dell’artista contestando la realizzazione e commercializzazione da parte di Rothschild delle cd. “Metabirkin”, NFT rappresentanti borse virtuali che riprendono le fattezze della celebre borsa “Birkin”.





Hermès ha definito Rothschild uno “speculatore digitale”, lamentando che una tale condotta violi e arrechi pregiudizio ai marchi Hermès, anche diluendo quest’ultimi e diminuendo la loro capacità distintiva, nonché costituisca un atto di concorrenza sleale a suo danno, idoneo a creare confusione nel cliente finale circa la reale provenienza di tali prodotti.
Nel secondo caso Nike ha agito nei confronti di StockX contestando la commercializzazione (peraltro a prezzi molto elevati) di NFT associati a immagini di scarpe del noto brand senza aver ottenuto alcuna autorizzazione, lamentando anche in questo caso una violazione e diluizione dei propri marchi, oltre che atti di concorrenza sleale posti in essere dalla piattaforma di retail nei suoi confronti, idonei a creare confusione nei consumatori circa la reale provenienza dei beni e ad arrecare a Nike ingenti danni reputazionali e d’immagine.






Sarà interessante seguire l’evoluzione di questi giudizi, per avere un primo riscontro su quale sarà l’orientamento delle Corti su tali temi e capire i reali rischi che gli asset di proprietà intellettuale corrono nel mondo virtuale, sia che un brand decida di intraprendere attività commerciali tramite la produzione di NFTs o l’utilizzo di spazi nel metaverso, sia che decida di rimanere uno “spettatore esterno” delle nuove realtà.




Valeria Tommasi è Associate di Pavesio e Associati with Negri-Clementi da gennaio 2022. Si occupa di diritto industriale e della proprietà intellettuale, diritto dell’arte e diritto commerciale. Nell’ambito di tali materie collabora con diverse riviste di settore e partecipa in qualità di docente a corsi e master. Avvocato dal 2015, Valeria ha conseguito un Master of Law (LL.M.) in “Diritto della Proprietà Intellettuale” presso la WIPO Academy e l’Università di Torino e LL.M. e un master di secondo livello in “Diritto della concorrenza e dell’innovazione” presso l’Università LUISS Guido Carli di Roma.

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