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CATTELAN VS DRUET: UNA QUESTIONE DI DIRITTO (D’AUTORE)
22/06/2022

CATTELAN VS DRUET: UNA QUESTIONE DI DIRITTO (D’AUTORE)

di Riccardo Rimondini, membro del Dipartimento Arte e Corporate dello studio legale Pavesio e Associati with Negri-Clementi



Come noto, dietro alle opere d’arte non vi è solo il lavoro dell’artista, al quale ne viene attribuita la paternità, ma, spesso, anche il contributo di altri soggetti.
Non è un segreto, infatti, che nel corso della storia dell’arte un ruolo fondamentale nella creazione di importanti capolavori sia stato ricoperto dagli allievi dei grandi maestri, i quali svolgevano per quest’ultimi un lavoro che in alcuni casi si avvicinava alla realizzazione completa dell’opera stessa.
Seppure la tradizione delle botteghe sia gradualmente scomparsa, la commissione della realizzazione di opere d’arte visiva da parte di artisti a soggetti terzi costituisce una pratica tutt’ora adottata e molto frequente nel mondo dell’arte contemporanea.

Tra gli artisti contemporanei che si avvalgono del supporto di collaboratori per la produzione dei loro lavori vi è Maurizio Cattelan, creativo tra i più noti e controversi, autore, tra le altre, di opere come "L.O.V.E.", "La nona ora" e "A Perfect Day".




L.O.V.E. - Maurizio Cattelan


Sono molte le opere a non essere frutto diretto delle mani dall’artista padovano, tra queste anche la celebre "Him", statua raffigurante Hitler con un corpo da bambino inginocchiato e le mani congiunte in segno di preghiera, battuta all’asta da Christie’s nel 2016 per oltre 17 milioni di dollari. Dietro alla realizzazione di questa e di altre otto statue si cela il lavoro del talentuoso scultore francese Daniel Druet, specializzato in effigi di cera.

Il caso.
E il caso nasce proprio con Druet che ha recentemente citato in giudizio Maurizio Cattelan, il suo gallerista Emmanuel Perrotin e il Musée Monnaie de Paris – dove si è tenuta nel 2016 la mostra "Not afraid of Love" – chiedendo un risarcimento di circa 5 milioni di dollari.
Motivo della richiesta?
Il nome dello scultore francese non è presente nei cataloghi, dove l’unico autore delle opere riconosciuto risulta essere Maurizio Cattelan. A giustificare l’importante richiesta economica di risarcimento vi è la forte discrepanza tra le cifre milionarie di vendita delle opere di Cattelan e la somma di circa 30.000 euro pagata allo scultore francese per la realizzazione di ciascuna statua.

Se da una parte Cattelan rivendica l’esclusiva ideazione e progettazione delle sue opere sostenendo di aver impartito allo scultore francese dettagliate istruzioni da seguire per ogni opera, dall’altra Druet ritiene di avere avuto un ruolo determinante, non solamente nella realizzazione materiale dei lavori, ma anche nella loro creazione ed espressione, sostenendo, in un’intervista rilasciata a Le Monde che “l’artista italiano si limitava a mandare un fax di dieci righe nel quale le indicazioni sull’opera da realizzare erano vaghe e imprecise” e che, conseguentemente, era suo compito prendere le decisioni creative necessarie per trasformare in “espressione” le “idee” di Cattelan.
E così Druet il 13 maggio scorso, davanti alla terza camera del tribunale di Parigi, tramite il suo avvocato Jean-Baptiste Bourgeois, ha sostenuto che le condotte di Maurizio Cattelan costituiscono violazione dei suoi diritti d’autore, affermando che l’artista padovano “è incapace di scolpire, di dipingere e persino di disegnare”.
Perché Druet possa effettivamente ottenere un risarcimento è necessario che la sua attività venga riconosciuta non solamente come una esecuzione concreta dell’idea di Cattelan, ma che questa abbia portato anche un contributo creativo alle opere realizzate.
Dal Novecento in avanti, infatti, con l’introduzione dei celebri ready made di Marcel Duchamp è stata totalmente rivoluzionata e scardinata la relazione tra la “realizzazione materiale” dell’opera e la sua “concezione”, riconoscendo come autore dell’opera colui che l’ha concepita. Se da una parte tale principio è sancito anche in materia di diritto d’autore sia dalla giurisprudenza sia dal testo normativo, dove la creatività risulta come elemento determinate per sancire la paternità di un’opera (in Italia, l’art. 10 della legge 22 aprile 1941 n. 633 e succ. mod.), è bene ricordare sempre che il diritto d’autore non protegge le idee in quanto tali, ma solamente il modo in cui le stesse vengono espresse (c.d. “dicotomia idea/espressione”, uno dei principi cardine in materia di diritto d’autore).
Conseguentemente, se l’attività svolta dall’esecutore materiale dell’opera include un contributo creativo, allora l’esecutore stesso risulta co-autore, al contrario se l’esecutore si limita a recepire fedelmente le indicazioni dell’artista attraverso un apporto meramente tecnico allora la paternità dell’opera deve essere esclusa.

Nel caso in questione, considerata l’assenza di un accordo chiaro tra i due artisti in materia di copyright saranno, quindi, i giudici della terza sezione specializzata in proprietà intellettuale del tribunale di Parigi a stabilire se in concreto il contributo di Daniel Druet sia “creativo” o si limiti alla “mera realizzazione materiale”, dando una risposta a un processo che stimola non solo considerazioni di carattere giuridico, ma anche artistico e filosofico.




Appassionato di arte e di diritto d’autore, Riccardo Rimondini si è laureato con lode all’Università di Bologna presentando una tesi di diritto amministrativo e diritto d’autore sulla valorizzazione del patrimonio culturale. Nel suo percorso accademico si è specializzato nel campo della proprietà intellettuale conseguendo un LL.M. in Intellectual Property and Information Law presso il King’s College di Londra.

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