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Esprimere se stessi: l’arte di Emilia Agosti
05/01/2022

Esprimere se stessi: l’arte di Emilia Agosti


di Elisabetta Roncati

Figurativo ed astratto sono poi così distanti tra loro?
La riproduzione della realtà e del proprio sentito sono due linee parallele destinate a non incontrarsi mai?

Prima di conoscere Emilia Agosti avrei annuito con assoluta certezza ai due quesiti sopra esposti, ma intervistandola mi sono convinta di come nel figurativo si possa scorgere “la propria traccia, impronta”.
La formazione di Emilia è complessa e sfaccettata: si va da studi propriamente creativi alla filosofia, fino ad arrivare al teatro, a dimostrazione di come le varie discipline siano interconnesse. L’arte è saldamente ancorata all’estetica e finanche un percorso che, in prima battuta, può sembrare privo di un’unica meta, si risolve in un'istruzione compiuta che rende ciascun individuo un unicum.
Il filo conduttore per Emilia Agosti è il corpo, che diventa protagonista facendosi esso stesso al contempo pennello e macchia di colore nella tecnica del body printing.
Per l’artista è essenziale ciò che lei stessa definisce con “agire il gesto artistico”: solo così la creatività diventa sentito del proprio intimo e interpretazione di ciò che ci circonda.
Emilia lascia la traccia del suo corpo sulla tela dimostrandoci come un elemento finito nella sua caducità magicamente diventi anche l’unico tramite verso l’infinito.
Sarà lei stessa a raccontarci di più nelle prossime righe e ricordate, prima di avviarvi alla lettura, di avere bene in mente che l’artista “prima disegna e poi vede”.


E.R. Chi è Emilia Agosti e come si è avvicinata all’arte? Durante l’infanzia hai frequentato i corsi della pittrice di fama internazionale Angela Marini: quest’esperienza come ha influito sul tuo percorso creativo?


E.A. Mi sono avvicinata all’arte fin da piccola: ho sempre avuto l’esigenza di rappresentare quello che vedevo, che succedeva intorno a me, ma soprattutto ciò che accadeva dentro di me. La mia prima formazione in ambito artistico è stata durante l’infanzia da questa nota pittrice, che mi ha trasmesso un approccio spontaneo, libero e creativo con l’opera d’arte. Le mie esperienze artistiche in questo contesto sono state figurative: dipingevo soprattutto paesaggi, animali e nature morte, anche se sono passata presto da un realismo ad un espressionismo perché mi sono accorta che per me non era tanto importante dipingere quello che vedevo, ma quello che sentivo, esprimendo e portando fuori le mie emozioni e i miei stati d’animo. Infatti, nei primi disegni e lavori ad olio, seppur realizzati con stile figurativo, si può scorgere un primo approccio ad un’arte gestuale nei segni primitivi che costellano lo sfondo.
Quindi diciamo che l’intento della mia arte non è mai stato figurativo nemmeno durante l’infanzia e che il passaggio è stato più da un espressionismo a un espressionismo astratto: per me la cosa fondamentale non era ciò che era rappresentato, ma lasciare il segno, la mia traccia, la mia impronta, agire il gesto artistico. E questo ha influito nel percorso creativo di tutte le fasi della mia produzione artistica: ogni opera, da quelle realistiche a quelle informali fino ad arrivare al mio ultimo approdo con la body printing, è solo all’apparenza astratta e slegata dalla realtà, ma è invece impressione e memoria di un gesto concreto.







E.R. Dopo il liceo artistico hai deciso di laurearti prima in Filosofia e poi in Scienze Filosofiche. Come mai questa scelta? In che modo il mondo dell’arte si intreccia a quello della filosofia?


E.A. Premetto che il percorso della mia vita è stato parecchio complesso e ricco di svariati interessi anche molto diversi tra loro data la mia natura versatile. A prima vista quello che pensavo fosse un percorso formato da una serie di sentieri interrotti, si rivelò con la maturità e la maggior consapevolezza del senno di poi un insieme di percorsi intrecciati e interconnessi tra di loro che mi hanno portato a una maggiore coscienza della mia arte e di quello che sono. Mentre studiavo storia dell’arte al liceo artistico ho capito che ero molto predisposta al lato concettuale ed estetico-filosofico. Fu proprio così che scoccò la scintilla che mi ha condotto alla filosofia, disciplina che ho approfondito nel suo lato teoretico durante i miei studi universitari, non scordandomi mai il terreno dell’estetica alla quale era radicata e dalla quale parte tutta l’indagine. Mi sono laureata in Estetica e l’approfondimento di questa parte più concettuale e filosofica dell’arte è stata necessaria a me come artista per creare la mia poetica, capire quali sono i riferimenti e avere maggiore consapevolezza di me stessa. Per me il mondo dell’arte è intimamente connesso a quello della filosofia dato che propongo un’arte concettuale nella quale c’è un continuo rimando tra concetti e immagini e nella quale è essenziale la mia visione del mondo e della vita: io non dipingo quello che vedo, ma quello che sento dentro di me e quello che penso del mondo fuori di me. Di conseguenza la mia concezione filosofica si esprime direttamente nelle mie opere.



E.R. Altro elemento fondamentale nel tuo percorso di crescita è stato il teatro. Ci racconti di più su questa esperienza?


E.A. Dopo la laurea si è fatta avanti sempre di più l'esigenza di esprimere il mio lato istintivo attraverso il teatro, recuperando un rapporto più carnale, viscerale e dinamico con la creazione rispetto al periodo dello studio filosofico che è stato più statico, anche se essenziale per crearmi un’identità personale e artistica. L'esperienza con il teatro mi ha aiutata ad ascoltare di più i miei impulsi e svuotare la mente dai giudizi per lasciare aperto lo spazio alla spontaneità creativa, applicando questo metodo in modo più consapevole anche nella pittura. Quindi potrei dire che sono debitrice al teatro perché mi ha dato un metodo fondamentale per la creazione artistica che consiste nello stare in uno stato di spontaneità e di ascolto dei propri impulsi. Per fare ciò, prima di mettermi all’opera, è necessario un training fisico che mi dispone all’azione e a stare nel corpo invece che nella mente. Posso dire dunque che il mio approccio con l’arte è molto fisico: infatti utilizzo tutto il corpo sia quando faccio body printing e lascio la mia impronta sulla tela, ma non solo, anche quando realizzo i miei astratti su tela o le mie calligrafie su carta io non dipingo staticamente a cavalletto ma con il supporto sdraiato a terra affinchè io riesca a girarci attorno, calpestare la tela se si tratta di tele di grandi dimensioni e muovermi come se stessi danzando, perché per me l’arte è questo: è la diretta espressione di quello che il corpo mi comunica.



E.R. Oltre alle tele ti esprimi anche attraverso il body printing, mettendo in atto un rapporto viscerale con la creazione artistica. Il corpo diventa così protagonista. Dunque che funzione ha l’elemento corporeo nel tuo processo creativo?


E.A. Mi esprimo attraverso il body printing per recuperare la dimensione rituale della pratica artistica, essendo quest’ultima una delle forme più ancestrali di arte che ti mette in contatto profondo con la parte primordiale dell'Essere. La sensazione che provo quando sento il colore sulla pelle è indescrivibile, è libertà estrema e quando utilizzo il corpo come strumento provo una sorta di ritorno a quello stadio puro e primitivo del fare arte. Il corpo diviene per me il luogo per eccellenza del simbolico: esso è un vero e proprio medium, simbolo visibile che rimanda all’invisibile, qualcosa che è limitato, caduco e al tempo stesso condizione di possibilità di manifestazione dell’infinito. Ed è proprio il corpo che diventa protagonista nelle mie tele dal momento che non è solo strumento che funge da medium, ma è anche opera d’arte, oggetto sul quale compiere operazioni artistiche e soggetto che dà forma al messaggio artistico. Esso si configura come punto di confine tra la dimensione materiale e quella spirituale, quel momento di passaggio nel quale l’una entra nell’altra e confluisce in essa in questo flusso ininterrotto che è la vita. Questo è quello che provo quando utilizzo il corpo, sento quell’energia cosmica che mi collega al tutto.
I lavori di body printing che ne scaturiscono, attraverso queste impronte date dal corpo che si fa pennello ma al tempo stesso cade come se fosse una macchia di colore, esprimono questo ossimoro e la fluiditá del movimento dinamico della vita, la quale non é altro che un'evoluzione continua nella quale veniamo al mondo incarnandoci per lasciare una leggera traccia che va dissolvendosi verso l'infinito dalla quale è venuta e verso la quale ritorniamo.







E.R. Parlami un po’ del tuo processo creativo: quali sono gli altri filoni principali della tua arte oltre ai body printing? Quale tecnica utilizzi e quale concetto vuoi comunicare?


E.A. Di solito faccio fermentare e maturare qualche giorno gli stimoli che mi arrivano. Le cose che mi ispirano possono essere molto diverse tra loro e provenire da fonti differenti: può essere qualcosa che leggo, un film che vedo, una persona che ho incontrato, ciò che sogno. Mi capita spesso che di notte o nei pensieri del mattino appena sveglia, appaiano immagini che mi ispirano, come una sorta di illuminazione istantanea, il cui simulacro porta già con sé i concetti che verranno sviscerati man mano che la ricerca si evolve.
Non si può dire se il concetto prevalga o la forma, o cosa viene prima. Potrei dire che nella forma che mi appare ci sono già concetti in una sorta di sfondo inconscio e questo sottofondo latente è ciò che in qualche modo influenza le intuizioni che mi si impongono di volta in volta.
La poetica del simbolico attraversa e collega tutte le mie opere dell'ultimo periodo: i lavori ispirati alla calligrafia giapponese e ad altri tipi di scrittura sono realizzati non con l'intento di riprodurre simboli già esistenti e codificati, ma con l’intenzione di elaborare una mia calligrafia, una sorta di scrittura automatica, una danza corporea che vede nel pennello il prolungamento del corpo. Anche i disegni automatici sono ispirati da questo principio in cui traspongo sul supporto tutti i miei moti interiori, i moti dall’animo comunicati attraverso il corpo, come se fosse una sorta di elettrocardiogramma che riporta all’esterno il ritmo e il movimento interno. Infatti, anche se in questi disegni, a differenza di tutta la mia produzione, ci possono essere dei riferimenti al figurativo e può comparire qualcosa di riconoscibile e di realistico, io non parto con l’intenzione di disegnare qualcosa che vedo, ma al contrario, agisco in questo automatismo, in una trasposizione dei miei impulsi e da lì mi si impone un’immagine che poi assecondo, per cui il processo non è “prima vedo e poi disegno”, ma “prima disegno e poi vedo”. Nei miei astratti su tela e nei miei lavori di body printing avviene una sorta di trasposizione su grande scala di quello che accade nel piccolo quando realizzo i miei disegni automatici o le mie calligrafie.



E.R. Ci illustri una delle tue opere, esposta sulla piattaforma Artsail, che meglio riflette la tua poetica e stile?


E.A. Le opere esposte sulla piattaforma che riflettono al meglio la mia poetica, la mia concezione del mondo e della vita e mi caratterizzano maggiormente dal punto di vista stilistico sono quelle che fanno parte della serie intitolata "Eikon. La caduta e il ritorno". La caduta e il ritorno per me simboleggiano la condizione umana e l'ambivalenza che si continua a sentire. Penso che sia una caratteristica intrinseca dell'Essere esperire il peso della caduta, di rimanere nel mondo, il legame con qualcosa che lo tiene attaccato alla terra e allo stesso tempo la spinta che lo conduce verso la spiritualità, verso una leggerezza e una dissoluzione, verso l'infinito da cui veniamo e verso il quale torniamo. Le opere sono state realizzate con tante impronte del mio corpo partendo da una stampa più satura e carica e andando dissolvendosi verso una stampa sempre più impercettibile, esprimendo il mio concetto di corpo come punto di confine tra luce e oscurità, tra materia ed energia, tra dimensione fisica e spirituale, corpo come involucro preso nel momento della sua dissoluzione che una volta rotto rivela di cosa siamo realmente fatti, quella polvere cosmica che pervade tutto e di cui tutto è costituito. L’utilizzo del pigmento in polvere non è dunque una scelta casuale ma esprime, rende visibile, il processo di trasformazione degli stati della materia e l’equilibrio precario che porta l’uno verso l’altro. Nella preparazione del pigmento in polvere e nella realizzazione dell’impronta sono andata a cercare il momento di equilibrio in cui il pigmento inizia a slegarsi e rivelare il materiale di cui siamo fatti: la polvere di stelle. Infatti, la polvere utilizzata nel corpo in primo piano è la stessa polvere utilizzata nello sfondo: tutto questo per esprimere il messaggio che non c'è dualismo tra visibile e invisibile, corpo e spiritualità, energia e materia, ma sono l’uno il simbolo dell'altro e l’uno confluisce nell’altro.







E.R. Puoi anticiparci alcuni dei tuoi progetti futuri?


E.A. Per quanto riguarda i progetti c’è l’intenzione di lavorare sulla dimensione performativa della body printing che è assolutamente essenziale in questo tipo di arte e credo che questo sia un po’ il coronamento di quel percorso teatrale presente nella mia arte di cui abbiamo parlato in precedenza. In precedenza ho sempre vissuto il momento della creazione come un momento individuale e intimo, mentre ora sto iniziando a fare delle sessioni di body printing con un piccolo pubblico e con professionisti che documentano l’evento e sto preparando una performance in vari momenti. É ancora in fase di elaborazione ma spero che in un futuro non troppo lontano si possa realizzare dato che penso sia il naturale sviluppo per questo tipo di arte dove il rapporto con il pubblico è essenziale.




Genovese di nascita, milanese d’adozione, Elisabetta Roncati ha deciso di unire formazione universitaria economica/manageriale e passione per la cultura con un unico obbiettivo: avvicinare le persone all’arte in maniera chiara, facilmente comprensibile e professionale. Interessata ad ogni forma di espressione artistica e culturale, contemporanea e non, ha tre grandi passioni: l’arte tessile, l’arte africana e l’arte islamica.
Consulente in ambito arte, crede fermamente che la cultura abbia il potere di travalicare i confini delle singole nazioni, creando una comunità globale di appassionati e professionisti.
Nel 2018 ha fondato il marchio registrato Art Nomade Milan, con cui si occupa di divulgazione digitale sui principali social media.
Perché, “L’arte è un incidente dal quale non si esce mai illesi” (Leo Longanesi).

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