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Andy Warhol...in NFT
09/06/2021

Andy Warhol...in NFT


di Elisabetta Roncati

Per rendere interessante la notizia gli ingredienti ci sono tutti: un'asta conclusasi con aggiudicazioni milionarie, NFT e Andy Warhol, il profeta dei 15 minuti di celebrità.
Oggigiorno, nell'era della digitalizzazione massiva, le sue previsioni si sono avverate quasi per ognuno di noi. Ma passiamo ai fatti: pochi giorni fa Christie’s ha battuto online ben 5 opere di Warhol recuperate da supporti digitali, i cari vecchi floppy disk, ormai inutilizzabili sui dispositivi di ultima generazione. La particolarità è stata che le opere digital, datate 1985 e riscoperte nel 2014, sono state convertite dalla Andy Warhol Foundation for Visual Arts in Not Fungible Token (NFT).
Oltre all’innegabile volontà di preservazione, le creazioni sono diventate così appetibili anche per i collezionisti di crypto art. Infatti l’incanto intitolato, non a caso, Machine Made ha fruttato alla casa d’aste di M. Pinault ben 3.377.500 $.
Nello specifico i cinque lotti erano composti da: due autoritratti dell’artista, un fiore rosso su fondo nero, la celebre banana e un’immagine della Campbell’s Soup.
I primi sono stati aggiudicati per 870.000 $ e 562.500 $, gli altri, a seguire, per $ 525.000, $ 250.000, $ 1.170.000.






Al di là degli ottimi risultati economici non sono mancate le polemiche, vertenti soprattutto il concetto di originalità.
In particolare l’artista visivo, ricercatore e Associate Professor, presso la Carnegie Mellon University, Golan Levin ha fortemente criticato l’operazione con espliciti tweet ad asta ancora in corso. Levin ha disapprovato la decisione di Christie’s di descrivere le opere quali “cinque disegni autentici”.
In sintesi l’elemento che non li renderebbe tali sarebbe la risoluzione dei file stessi. Considerando i mezzi utilizzati da Warhol a metà degli Anni Ottanta sarebbe stato impossibile ottenere delle creazioni di 6000x4500 pixel come quelle vendute pochi giorni fa. Infatti i digital artworks warholiani avevano una risoluzione di 320x200: bassissima per gli attuali strumenti.

Dunque, stando all’opinione di Levin, le cinque opere aggiudicate non sarebbero da considerarsi autentiche, bensì lavori modificati grazie alle tecnologie odierne.
Oltretutto le categorie “alta”-“bassa” qualità, normalmente applicate ai prodotti multimediali come sinonimi di lavoro apprezzabile o meno, non hanno senso in questo caso. Andy Warhol non avrebbe potuto fare altrimenti vista la tecnologia dei tempi in cui le ha realizzate.

Nonostante tali considerazioni teoriche i collezionisti hanno premiato la casa d’aste acquistando tutto quanto proposto in vendita. Epurati della cosiddetta “carbon free tax” i proventi sono andati a beneficio della Andy Warhol Foundation for Visual Arts.

Inutile a dirsi: gli ultimi arrivati in ordine di tempo nel panorama dell’arte, blockchain e NFT, hanno ancora tante sorprese in serbo per noi.
Come, del resto, il caro Andy Warhol: profetico suo malgrado, un'ennesima volta, sotto un ulteriore punto di vista.




Genovese di nascita, milanese d’adozione, Elisabetta Roncati ha deciso di unire formazione universitaria economica/manageriale e passione per la cultura con un unico obbiettivo: avvicinare le persone all’arte in maniera chiara, facilmente comprensibile e professionale. Interessata ad ogni forma di espressione artistica e culturale, contemporanea e non, ha tre grandi passioni: l’arte tessile, l’arte africana e l’arte islamica.
Consulente in ambito arte, crede fermamente che la cultura abbia il potere di travalicare i confini delle singole nazioni, creando una comunità globale di appassionati e professionisti.
Nel 2018 ha fondato il marchio registrato Art Nomade Milan, con cui si occupa di divulgazione digitale sui principali social media.
Perché, “L’arte è un incidente dal quale non si esce mai illesi” (Leo Longanesi).

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